Il protocollo chetogenico: scopriamo di cosa si tratta
Il protocollo chetogenico è uno schema alimentare che si sta facendo conoscere ultimamente, entrando di prepotenza nel nostro settore e con sempre più colleghi pronti ad utilizzare questo schema per consentire ai propri pazienti di perdere peso, in poco tempo e con risultati molto soddisfacenti. Ma nello specifico, cos’è il protocollo chetogenico? Sostanzialmente è uno schema dietetico basato sull’assunzione, quasi totale, di grassi e proteine; basti pensare che, nella media, uno schema del genere presenta:

- Il 70-75% di grassi;
- Il 20-25% di proteine;
- Lo 0-5% di carboidrati;
Questi dati consentono di sfatare un altro tabù sulla chetogenica, che spopola ovunque: social, giornali e tra colleghi. La dieta chetogenica NON È IPERPROTEICA.
La percentuale di grassi, molto più alta di quella presente in un classico schema di alimentazione mediterranea, deriva dai formaggi (vengono consigliati quello a basso tenore di lattosio) ma soprattutto da olio extra vergine di oliva, ricco di PUFA (acidi grassi grassi polinsaturi) e di MUFA (acidi grassi monoinsaturi) nonché dalla frutta secca, come mandorle, noci, nocciole (spesso abbinati con del cioccolato fondente come classico spuntino) e da semi, come di lino o di girasole. Oltre a questi due tipi di grassi, nel soggetto che si appresta ad entrare in chetosi, molto importanti sono gli MCT, ovvero gli acidi grassi a catena media che sono acidi grassi saturi a 12-16 atomi di carbonio come l’acido caprilico, caprinico e laurico. Questi hanno il grande vantaggio di entrare nel mitocondrio (sede di ossidazione dei grassi nelle nostre cellule) più velocemente rispetto ai restanti tipi di grassi e quindi la loro ossidazione energetica avviene più velocemente. La fonte alimentare principale che uso nei miei pazienti per questi acidi grassi è l’olio di cocco o le scaglie di cocco, consigliate soprattutto a colazione con lo yogurt greco o intero oppure come “dolcificante” nel caffè al mattino. La fonte primaria di proteine è rappresentata da carne e pesce mentre l’unica fonte di carboidrati concessa nel periodo in cui si osserva questo protocollo sono le verdure, necessarie soprattutto per evitare stipsi e quindi problemi di natura intestinale.
La grande abbondanza di grassi consente al nostro corpo di cambiare “combustibile” energetico, di fatto abbandonando il glucosio come fonte principale. L’utilizzazione dei grassi a scopo energetico induce una condizione metabolica definita “chetosi”, ovvero la concentrazione dei prodotti di ossidazione dei grassi, i corpi chetonici, aumenta oltre il livello di soglia (ovvero > 0,2 mmol/L), una condizione che si riscontra quasi in tutti noi al mattino a digiuno per esempio. La condizione di chetosi come viene rilevata dal paziente? Semplice, mediante un test alle urine (Ketur Test): al mattino a digiuno,a tre ore dal pasto principale o la sera prima cena, sempre a digiuno. Si applica una striscia reattiva che viene bagnata con le urine; in caso di colorazione violacea o viola inteso, il paziente sarà definito in stato di chetosi poiché la chetonemia sarà cosi elevata che i corpi chetonici iniziano a presentarsi anche nelle urine.

Diversi studi, ed ultimo quello che oggi presento, pubblicato a maggio 2018 nel Journal of Human Nutrition, affermano che il protocollo chetogenico sia in grado di sostenere le esigenze di resistenza e di prestazione in un soggetto atletico.
In questo studio, una dieta chetogenica ( nell’articolo indicata con la sigla KD) ad alto contenuto di grassi e basso contenuto di carboidrati della durata di otto settimane ha aumentato la capacità di esercizio e di resistenza nei topi senza lesioni muscolari significative, nonostante la diminuzione assoluta del volume muscolare (in parte giustificata dalla perdita di peso che si è registrata nelle settimane dello studio).

Si è scelto come riferimento del danno muscolare gli enzimi CK (creatina chinasi) e LDH (lattato deidrogenasi, anche marcatore di infarto del miocardio). Si è registrato un aumento di entrambi “nella norma” con l’esercizio fisico associato a protocollo chetogenico; mentre con sola dieta chetogenica entrambi gli enzimi muscolari hanno registrato livelli costanti.


I livelli dell’enzima pancreatico LIPASI, deputato alla digestione dei grassi a livello intestinale, sono diminuiti sottolineando che l’esercizio fisico migliora l’utilizzazione dei grassi intesa come metabolismo, catabolismo e trasporto, aumentando di fatto la resistenza atletica nell’esercizio. Sia la concentrazione di NEFA (acidi grassi non esterificati) e trigliceridi, dopo esercizio fisico è diminuita, segno chiaro della loro utilizzazione intra-allenamento.

Sia nei ratti che sostenevano una dieta chetogenica che in quelli che hanno praticato attività sportiva con KD, i livelli di colesterolo totale che di HDL ed LDL, sono rimasti inalterati o leggermente diminuiti. Va però sottolineato che rispetto al gruppo di controllo i livelli sono tutti più alti, HDL compreso. L’HDL (High Density Lipoprotein) è quella lipoproteina plasmatica capace di trasportare il colesterolo dai tessuti periferici al fegato e quindi partecipa attivamente all’eliminazione del colesterolo, sotto forma bile o escreto con le feci. Inoltre, alcuni studi rivelano che solo l’esercizio fisico sia in grado di abbassare i livelli di colesterolo e di LDL e che la stessa attività motoria possa aumentare il volume delle lipoproteine e quindi consentire la trasformazione delle LDL (il colesterolo cattivo s’intende) in HDL (quello buono).
Oltre a questo, il protocollo KD ha mostrato un buon potenziale per proteggere fegato e reni da lesioni acute da esercizio fisico. Le transaminasi AST (aspartato aminotransferasi) e ALT (alanina aminotransferasi) sono state usate come marcatori di danno epatico. L’ALT è risultato diminuito dalla combinazione ESERCIZIO FISICO + KD, confermando che il protocollo chetogenico può preservare il fegato da un possibile danno epatico da sforzo fisico.

Un marker di degradazione proteica e di resistenza all’esercizio fisico, come l’azoto ureico (figura 6), è stato valutato durante la sola KD e con l’esercizio fisico ed il suo livello è diminuito dopo quest’ultimo, suggerendo che questo protocollo può potenzialmente proteggere dal danno renale durante l’esercizio fisico.

L’unico punto interrogativo resta la ridotta introduzione giornaliera di proteine (per evitare la gluconeogenesi, condizione che si verifica quando le riserve di zuccheri nel nostro corpo si esauriscono). Il dilemma può essere risolto pensando di ridurre l’intake di amminoacidi gluconeogenici (ovvero quegli aminoacidi che possono essere dirottati verso vie metaboliche di sintesi del glucosio, come la gluconeogenesi).
Il protocollo KD rimane affascinante e sull’argomento sport permangono ancora dei dubbi sui quali si presume nei prossimi mesi o anni altri studi risolveranno, vedi la questione dell’aumento delle componenti del colesterolo. Rimane però uno schema dietetico per il quale condivido l’applicazione, per alcuni soggetti, e resta un’ottima via attraverso il quale il nostro corpo viene “ingannato”, attivando quei geni dell’eterna giovinezza che nel nostro organismo si attivano soltanto in condizioni di digiuno.
BIBLIOGRAFIA:
- Aragon, A.A.; Schoenfeld, B.J.; Wildman, R.; Kleiner, S.; VanDusseldorp, T.; Taylor, L.; Earnest, C.P.;
- Arciero, P.J.; Wilborn, C.; Kalman, D.S.; et al. International society of sports nutrition position stand:
- Diets and body composition. J. Int. Soc. Sports Nutr. 2017, 14.
- Coggan, A.R. Plasma glucose metabolism during exercise in humans. Sports Med. 1991, 11, 102–124.
- Horowitz, J.F.; Klein, S. Lipid metabolism during endurance exercise. Am. J. Clin. Nutr. 2000, 72, 558S–563S.
- Coyle, E.F.; Jeukendrup, A.E.;Wagenmakers, A.J.; Saris,W.H. Fatty acid oxidation is directly regulated by carbohydrate metabolism during exercise. Am. J. Physiol. Endocrinol. Metab. 1997, 273, E268–E275.
- Couillard, C.; Després, J.P.; Lamarche, B.; Bergeron, J.; Gagnon, J.; Leon, A.S.; Rao, D.C.; Skinner, J.S.;
- Wilmore, J.H.; Bouchard, C. Effects of endurance exercise training on plasma HDL cholesterol levels depend on levels of triglycerides: Evidence from men of the Health, Risk Factors, Exercise Training and Genetics(HERITAGE) Family Study. Arterioscler. Thromb. Vasc. Biol. 2001, 21, 1226–1232.
- Halverstadt, A.; Phares, D.A.; Wilund, K.R.; Goldberg, A.P.; Hagberg, J.M. Endurance exercise trainingraises high-density lipoprotein cholesterol and lowers small low-density lipoprotein and very low-density lipoprotein independent of body fat phenotypes in older men and women. Metab. Clin. Exp. 2007, 56, 444–450.
- Garbow, J.R.; Doherty, J.M.; Schugar, R.C.; Travers, S.;Weber, M.L.;Wentz, A.E.; Ezenwajiaku, N.; Cotter, D.J.;
- Brunt, E.M.; Crawford, P.A. Hepatic steatosis, inflammation, and ER stress in mice maintained long term on a very low-carbohydrate ketogenic diet. Am. J. Physiol. Gastrointest. Liver Physiol. 2011, 300, G956–G967
- Badman, M.K.; Pissios, P.; Kennedy, A.R.; Koukos, G.; Flier, J.S.; Maratos-Flier, E. Hepatic fibroblast growthfactor 21 is regulated by PPAR and is a key mediator of hepatic lipid metabolism in ketotic states. Cell Metab. 2007, 5, 426–437.
- Herdt, T.H. Ruminant adaptation to negative energy balance: Influences on the etiology of ketosis and fatty liver. Vet. Clin. Food Anim. Pract. 2000, 16, 215–230.
- Chen, Y.M.; Wei, L.; Chiu, Y.S.; Hsu, Y.J.; Tsai, T.Y.; Wang, M.F.; Huang, C.C. Lactobacillus plantarum TWK10 supplementation improves exercise performance and increases muscle mass in mice. Nutrients 2016, 8, 205.
- Hargreaves, B.J.; Kronfeld, D.S.; Waldron, J.N.; Lopes, M.A.; Gay, L.S.; Saker, K.E.; Cooper, W.L.; Sklan, D.J.;
- Harris, P.A. Antioxidant status and muscle cell leakage during endurance exercise. Equine Vet. J. 2002, 34, 116–121
Cell: 327 15 66 840
E-mail: grimaldinutrizionista@gmail.com